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CENNI
STORICI
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a
cura di Roberta
Andreatta
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L'interesse
che riveste il Monte Altissimo dal punto di vista storico è strettamente
correlato a quello assunto dalla catena baldense, fino alla zona di fondovalle
di Mori e Loppio. Il fronte del Baldo non fu teatro di grandi scontri. Ciononostante, gran parte della popolazione fu evacuata e deportata oltre il Brennero (ben noto il campo di concentramento di Katzenau), in special modo donne e bambini, gli uomini occupati sui fronti austriaci, molti quelli che, eludendo la sorveglianza della Gendarmeria riuscirono a varcare il confine e ad arruolarsi nell'esercito italiano. Il Monte Baldo fu dapprima zona fortificata austriaca, poi fronte italiano; così fu per il monte Altissimo, occupato dai militari italiani ancor nel primo giorno di guerra (24 maggio). Gli austriaci, arretrati senza fare troppa resistenza, preferirono arroccarsi su naturali baluardi preventivamente fortificati (monte Creino, Biaena, l'intera valle di Gresta), lasciando agli italiani ricoveri già costruiti, materiale, ma soprattutto un luogo ideale dominante il lago di Garda e il fronte interno austriaco. Intorno alla cima del monte Altissimo avevano scavato una linea di trincee con ricoveri blindati e depositi d'acqua. E così via via, trincee munite di reticolati, spianate per collocare le artiglierie, appostamenti per batterie di cannoni di medio calibro, collegamenti con linee telefoniche e teleferiche. Da Corna Piana al monte Postemone, al Vignola, con elementi che si portavano fino verso Pilcante. Più a nord di questa linea austriaca ve ne era una più arretrata, di resistenza, sui monti che coronano la piana della bassa Val del Sarca fino a quelli che sovrastano l'Adige (il gruppo della Rocchetta, il Monte Brione, i monti a nord della valle di Gresta, lo Stivo, il monte Creino e più a oriente il Biaena con le sue appendici rocciose quali monte Nagià e Faè che scendono fino a Mori). Questo lo scenario di guerra nel quale s'inseriscono le vicende dell'Altissimo, e quelle relative alla presenza sul monte di "arditissimi legionari cecoslovacchi". Questi ultimi, impiegati nello schieramento italiano, si resero protagonisti in diversi episodi, di combattimenti corpo a corpo, specialmente sul Doss Alto di Nago, importante avamposto dell'esercito italiano sulle ultime propaggini del monte Baldo; gli ex-sudditi passati al nemico italiano, che cadevano nelle mani dei militari austroungarici erano giustiziati immediatamente con l'impiccagione. È importante ricordare che per i soldati cecoslovacchi, in caso di insuccesso non poteva essere presa in considerazione la resa, poiché il tradimento all' Impero li vedeva comunque condannati al capestro. Legionari cecoslovacchi subirono questa sorte a Riva, Asiago, Breguzzo, Conegliano, Oderzo e in altri luoghi. La storia di quelle popolazioni, sature ben prima dello scoppio della Guerra di pensieri antimperialisti, anticentralisti, ostili politicamente al governo di Vienna che da sempre reprimeva ogni idea di libertà nazionale, soffocando la stessa attività del governo con un soverchiante apparato militare e poliziesco, si intreccia con quella degli italiani in guerra. Al maggiore generale Comandante il Corpo Cecoslovacco in Italia Andrea Graziani fu affidata il 15 agosto 1918 la difesa dell'Altissimo, dal lago di Garda al fiume Adige, sostituendo le posizioni degli alpini "Monte Baldo" impiegati nel ben più tragico teatro di guerra dell' Ortigara. Graziani, nativo di Bardolino (Verona) e profondo conoscitore del monte Baldo fu anche l'artefice, in quel periodo di guerra, dei lavori per la realizzazione della via, chiamata Strada Graziani, che percorreva il Baldo in tutta la sua estensione da Caprino Veronese fino a Brentonico, nonchè del Rifugio successivamente a lui dedicato ai piedi dell'Altissimo. La Divisione cecoslovacca venne costituita nei campi di raccolta dei prigionieri e disertori boemi e sloveni dell'Umbria nel giugno del 1918 e fu addestrata dal generale Andrea Graziani che fu in seguito sostituito dal Comando Supremo Italiano con il generale Piccioni. La Divisione difese con coraggio e tenacia le posizioni, distinguendosi in particolare nella cruenta battaglia nel settembre 1918 sul Doss Alto di Nago, dopo la quale fu trasferita nella zona di Castelfranco Veneto per prendere parte all'ultima fase del conflitto nell'offensiva italiana del Piave. Nello scontro di Doss Alto, cinque soldati caddero prigionieri e furono condannati all'impiccagione avvenuta a Arco. A loro ricordo una stele in località Pradi, vicino al castello di Arco e ad una piccola chiesa romanica. A parte questo particolare episodio i soldati che via via si susseguirono sul fronte del Baldo, proprio per la relativa "calma"della linea, ebbero modo di costruire un' imponente rete di teleferiche, di acquedotti, caserme e fortificazioni. Il compito dei cecoslovacchi era dunque difendere il monte Baldo nel caso in cui gli austriaci avessero tentato un attacco in questo settore ed i reparti italiani già sulla linea si fossero trovati in difficoltà. La divisione riceveva accurate istruzioni sul sistema difensivo italiano e su quali fossero i compiti di ciascuno nel caso di un attacco austroungarico. I soldati, da un lato si rinvigorivano all'aria di montagna (molti di loro avevano trascorso un lungo periodo di prigionia che aveva logorato il fisico), dall'altro venivano addestrati al combattimento su un terreno quasi sconosciuto a tutti. |
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Corrado Pasquali in 1914-1918 L'armata silente riporta la testimonianza di Vaclàv Frjcek che così descrive il paesaggio e l'umore dei soldati: (.) | |
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Da parte austroungarica, tutt'altro tenore avevano i volantini di propaganda contro i soldati cecoslovacchi, lanciati dagli aerei sulle posizioni italiane: | |
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