Il
prelevamento dell'esplosivo, costituito da cartocci di balistite avveniva
mediante carrelli con ruote in fibra, spinti a mano lungo i binari che
portavano dalle gallerie sotterranee ai montacarichi. In tutti i locali
destinati a contenere gli esplosivi le fonti di illuminazioni erano schermate
da una doppio strato di vetro per scongiurare scintille o reazioni fisiche.
La
fortificazione vera e propria era costituita da un edificio rettangolare,
realizzato generalmente su tre livelli in cemento stratificato. La struttura
perimetrale veniva talvolta rifinita con muratura di pietrame e malta,
con sassi esterni lavorati a scalpello e sagomati nei fori delle porte
e delle finestre. Tutte le aperture verso l'esterno erano date di chiusure
blindate.
Nel sotterraneo si trovavano i serbatoi dell'acqua potabile, le cisterne
della benzina e i depositi di carbone.
Il pianoterra ospitava il locale dei generatori con i motori dinamo, alloggiati
su zoccoli in pietra, il quadro elettrico in ceramica, disposto a parete,
l'infermeria, le cucine e altre stanze adibite ad alloggio e magazzino.
Sempre al pianoterra si trovava il locale comando, collegato con una scala
in ferro all'osservatorio a scomparsa e messo in comunicazione con i singoli
pozzi di artiglieria mediante tubi acustici.
Il piano rialzato era costituito dal blocco batterie, formato da un corridoio
dal cui soffitto pendevano grossi aspiratori. Dal corridoio si dipartivano
le riservette laterali e le rampe di scale che conducevano ai pozzi di
artiglieria. Gli obici erano ricoperti da cupole in acciaio, alloggiate
su meccanismi a rullo che consentivano una rotazione della piattaforma
del pezzo di 360°. Il rifornimento delle munizioni avveniva dai montacarichi
con carrelli su binari e carrucole utilizzate per superare le rampe delle
scale che conducevano ai singoli pezzi. Tutte le operazioni di tiro venivano
eseguite dagli artiglieri alla cieca predisponendo le coordinate trigonometriche
e le cariche di lancio trasmesse con i tubi acustici. I calcoli, effettuati
sulla base alle indicazioni provenienti dall'osservatorio, venivano eseguiti
dagli ufficiali sulle tavole di tiro, disposte su un bancone della sala
comando.
I
dispositivi di difesa ravvicinata erano talvolta rappresentati da un vallo
lungo la line del fronte e da elementi posti parte in superficie, trincee
in cemento e parte al coperto.
Punti deboli nelle opere modello Rocchi erano i vani scale che conducevano
ai pezzi, di spessore troppo esiguo per resistere al tiro delle normali
artiglierie in dotazione all'esercito austro-ungarico. L'indebolimento
della struttura era dovuto alla necessità di consentire lo sfilamento
del pezzo verso l'interno del forte nelle frequenti operazioni di sostituzione
della canna e dell'otturatore.
Un altro fattore che nel corso del conflitto si rivelerà risolutivo per
la sorte dei forti italiani era rappresentato dalla particolare messa
in opera del cemento. Il calcestruzzo era collocato a strati compressi,
privi di armature in ferro.
Le fortificazioni così costruite potevano resistere ai tiri delle artiglierie
da 280 mm, ritenute comunque le bocche da fuoco più grosse trasportabili
sui terreni accidentati di montagna. I primi timori sulla resistenza delle
opere "blindate" italiane iniziarono a diffondersi in fase di realizzazione.
Nella primavera del 1912 l'Austria commissionò alla Skoda la costruzione
del mortaio da 305 mm e alla Daimler Benz la fornitura di appositi trattori
per il trasporto delle artiglierie e delle relative munizioni.
Il
dramma si toccò il 12 giugno 1915 quando il forte di Monte Verena
(Altopiano di Asiago), il più moderno dell'intero schieramento
italiano, venne colpito da una cannonata da 305 all'altezza della terza
cupola. Il proiettile penetrò nel corridoio di manovra, forò
con un diametro di circa un metro il pavimento ed esplose nella riservetta
sottostante, causando 39 morti. I successivi tiri austriaci provocarono
il rovesciamento di enormi blocchi di calcestruzzo in vicinanza della
quarta cupola, il crollo di buona parte della copertura del corridoio
di batteria e la rottura dell'avancorazza della terza cupola. Il forte
soprannominato nelle radiose giornate di maggio "il dominatore degli
altipiani" era stato ridotto con pochi colpi ad un ammasso di pietre.
L'impossibilità di resistere al tiro degli obici pesanti austriaci
e per la Val d'Adige l'eccessiva distanza delle opere "corazzate"
dalla prima linea indussero il Comando Supremo Italiano a dare l'ordine
di disarmare progressivamente tutti i forti del Veronese.
I
cannoni del forte di Punta Naole, tolti dalle cupole vennero sistemati
in batterie campali sulla linea Altissimo Varagna. Le artiglierie degli
altri forti collocate sui "paiuli Maglietta" furono inviate
sul fronte dell'Isonzo.
Rimase parzialmente armato solo il forte dell'Isola Trimelone con funzione
di interdizione verso eventuali natanti austriaci provenienti da Riva
del Garda.
Elenco
dei forti
TAGLIATA
CHIUSA VENETA
Opera
di origine austriaca, posta a sbarramento della strada postale da Trento
a Verona e della ferrovia per il Tirolo.
Costituita
da una casamatta su due piani. Armata in origine con due cannoni.
Stato
attuale: ruderi non visitabili, la fortificazione è stata sventrata
per consentire l'allargamento della Statale del Brennero, i resti sono
adibiti a magazzino privato.
FORTE
CERAINO, GIÀ FORTE HLAWATY
Opera
di origine austriaca, costruita tra il 1841-1842 sulla sinistra Adige
in un ripiano a mezza costa lungo la strada militare che collega l'abitato
di Ceraino alla frazione di Monte.
Si presenta come fortificazione a casamatta in pietra protetta da terra.
Armata originariamente con nove pezzi di artiglieria era in grado di incrociare
il tiro sulla piana di Rivoli con il forte Wohlgmuth. Venne ammodernata
nel 1884 dagli italiani con l'aggiunta di 5 pezzi e la sistemazione di
tutte le artiglierie in casematte con raggio di tiro di 120°. Fu utilizzata
nella prima guerra mondiale come magazzino.
Stato attuale: opera in abbandono, in discreto stato di conservazione,
visitabile con cautela (mancano tratti di pavimento).
FORTE
MONTE, GIÀ FORTE MOLLINARY
Opera
di origine austriaca, costruita nel 1849-1852 sulla sinistra della frazione
di Monte, in posizione elevata sulla Chiusa, raggiungibile dalla strada
militare che si inerpica ad est dell'abitato di Ceraino.
E' una fortificazione in muratura, con rivestimento in conci di pietra
provenienti dalle cave del monte Pastello. Armata durante la campagna
del 1866 con venti pezzi di artiglieria, parte in barbetta parte in casamatta,
non subì particolari modificazioni con il passaggio al Regno d'Italia,
salvo nella destinazione dei locali usati come polveriera.
Stato attuale: ruderi in cattivo stato di conservazione, su terreno
privato. Le distruzioni delle opere murarie sono dovute alla deflagrazione
degli esplosivi causata dall'imperizia degli abitanti del luogo, penetrati
nella fortificazione per recuperavi materiale, dopo l'abbandono da parte
delle truppe naziste nella primavera nella 1945.
FORTE
RIVOLI GIÀ FORTE WOHLGEMUTH
Opera
di origine austriaca, costruita nel 1854 sulla destra d'Adige a nord est
del paese omonimo.
Fortificazione in casamatta circolare. Armata nel 1866 con 14 cannoni
di cui 8 rigati a lunga gittata. Con il passaggio al Regno d'Italia subì
l'inversione del settore di tiro, la rotazione di 180° del portale d'ingresso
e la costruzione a sud in posizione defilata di una nuova caserma per
le truppe di presidio. Utilizzata come polveriera dell'esercito italiano
sino alla fine degli anni Ottanta è dal 2005 proprietà del Comune di Rivoli
Veronese.
Stato attuale: in buone condizioni di conservazione, adibita a
museo, ospita una sezione sulla prima guerra mondiale.
BATTERIA
INFERIORE DI RIVOLI
Costruita
dagli italiani nel 1884 sul lato nord est del vecchio forte austriaco.
E' una costruzione in muratura, con rivestimento in pietra. Era armata
con artiglierie in barbetta, protette da parapetti e rivolte verso la
Val d'Adige. Tutte le posizioni sono collegate da gallerie interne. Di
concezione superata, collocata lontano dal fronte, nella prima guerra
mondiale venne utilizzata come magazzino.
Stato attuale: adibita a museo, in ottimo stato di conservazione
con numerosi particolari originali è di proprietà del Comune di Rivoli
Veronese.
TAGLIATA
DI CANALE - BATTERIA CODESPINO
Costruzione
italiana risalente al 1884 è posta a sbarramento sulla strada Canale-Zuane,
sulla destra idrografica dell'Adige.
Anche in questo caso, come le altre fortificazioni erette sul finire dell'Ottocento
si tratta di un'opera, in muratura con rivestimento in pietra. Armata
con pezzi in casamatta, era collegata per mezzo di una galleria alla batteria
di Monte Codespino che la fiancheggia sulla sinistra. Nella prima guerra
mondiale non svolse funzioni difensive.
Stato attuale: ruderi, la fortificazione è stata sventrata per
consentire l'allargamento della strada.
FORTE
SAN MARCO
Costruito
in più riprese tra il 1888 e il 1913 era posto a difesa del versante occidentale
della Bassa Val d'Adige. Sorge ad nord est di Caprino, in località Lubiara.
E' una tra le costruzioni più imponenti del settore. Il bastione nord
e il lungo fianco orientale si scorgono nitidamente dal fondovalle. Di
forma rettangolare, munita di due cortili interni è costruita in muratura
e conci di pietra. Le sue artiglierie erano disposte in barbetta e in
casamatta.
Di concezione superata non venne mai usato per funzioni difensive.
Stato attuale: ruderi, di proprietà privata non accessibili.
FORTE
CIMO GRANDE (opera
blindata)
Nel
settore era l'opera tecnicamente più avanzata. Costruito a sud dell'abitato
di Spiazzi, su uno sprone a 909 m. a picco, domina la piana della Val
d'Adige fino a Serravalle. Ultimato nel 1914, disponeva di quattro cannoni
da 149/35 A. (acciaio) in torre corazzata e di un osservatorio blindato
a scomparsa. Il blocco delle batterie, in cemento compresso, protetto
a nord da un ampio fossato è collegato con una galleria alla sottostante
caserma, costruita in posizione defilata. Sul versante occidentale una
postierla conduce alla polveriera sotterranea. I magazzini delle polveri
erano uniti al blocco batterie attraverso dei montacarichi.
A seguito dello spostamento a nord del fronte e del disastro di Monte
Verena venne disarmato.
Stato attuale: il forte utilizzato durante il fascismo come colonia
estiva, si è mantenuto in discrete condizioni, l'intonaco e le ringhiere
sono originali, mancano ovviamente le cupole corazzate, i condotti di
aerazione, la strumentazione elettrica e parte degli infissi. Sul blocco
delle batterie, sfruttando la posizione dominate dell'opera, sono stati
posti dei ripetitori. Sorge su terreno privato. Per la mancanza di tratti
di scale e la presenza di botole aperte si raccomanda cautela.
FORTE
PUNTA NAOLE (opera
blindata)
Dislocato
sulle propaggini del Monte Baldo a quota 1675 m., dominava il settore
Spiazzi - Ferrara di Monte Baldo. Costruito su tre livelli posti su due
terrazzamenti artificiali, venne dotato nel 1913 di una caserma di presidio,
edificata a sud in posizione defilata. Era armato con quattro cannoni
da 149/35 A in torri corazzate.
Sul finire del 1915 le artiglierie del Naole furono collocate in posizione
campale sul Monte Altissimo.
Stato attuale: il blocco batterie ospita una serie di ripetitori
che ne alterano significativamente l'aspetto complessivo. Oggetto di interventi
di consolidamento non è accessibile al pubblico. La piccola parte del
blocco caserme rimasta integra viene oggi adibita a malga.
FORTE
TRIMELONE (opera blindata)
Batteria da costa, edificata sull'isola omonima, a 300 m. dall'abitato
di Assenza. Era armata con tre cannoni da 120/40 A in torri corazzate
a tiro radente.
Sopravvissuta alla prima guerra mondiale venne affidata nel 1930 all'Impresa
Angelo Cattelani di Idro e utilizzata come opificio per il disinnesco
dei proiettili. In questa veste subì nella notte del 5 ottobre 1954 una
grave esplosione che ne disintegrò le strutture. Si salvarono le riservette
a sud e la darsena.
Stato attuale: ruderi non visitabili, un'ordinanza sindacale vieta
l'approdo sull'isola per la presenza nei fondali di numerosi ordigni
inesplosi.
FORTE
MASUA
(opera blindata)
Sorge nel Comune di Fumane a Nord del M.te Pastello. Costruito inizialmente
su pianta poligonale in conci di pietra e batterie a cielo aperto, fu
successivamente trasformato con l'aggiunta di una struttura rettangolare
in opera corazzata. Era armato con sei cannoni da 149/35 A e operava con
il dirimpettaio Forte Cimo Grande a sbarramento della Valle Lagarina.
Nella prima guerra mondiale venendosi a trovare in posizione troppo lontana
dalla prima linea venne disarmato.
Stato attuale: proprietà privata in discrete condizioni di conservazione,
non accessibile al pubblico.
FORTE
MONTE TESORO
(opera blindata)
Sorge
nel Comune di Sant'Anna d'Alfaedo. Costruito su terrazzamenti artificiali.
Era dotato di una batteria armata con quattro cannoni in pozzo da 149/35
A e doveva assolvere a funzioni di interdizione nella parte occidentale
dei Monti Lessini.
Nella
prima guerra mondiale venendosi a trovare in posizione troppo lontana
dalla prima linea fu disarmato.
Stato
attuale: utilizzato come deposito dall'Esercito Italiano sino a pochi
anni fa si è conservato integro in buona parte delle strutture. La fortificazione
in corso di alienazione dal demanio pubblico non è visitabile.
FORTE
MONTE VIOLA
(opera blindata)
Costruito
al limite settentrionale del Comune di Grezzana era munito di quattro
cannoni in pozzo da 149/35 A. La costruzione edificata in un avallamento
su pianta rettangolare a tre piani è munita di cofano di gola in posizione
di controscarpa. Negli intenti dei progettisti il forte doveva svolgere
funzioni di sbarramento nel settore centrale dei Monti Lessini.
Anche
in questo caso venendosi a trovare in posizione troppo defilata fu disarmato.
Acquistato dal Comune di Grezzana nel primo dopoguerra venne ridotto a
rudere dall'opera dei recuperanti.
Stato
attuale: in condizioni precarie è attualmente oggetto di un intervento
di restauro conservativo.
FORTE
DI MONTE CASTELLETTO
(opera blindata)
Fortificazione,
costruita tra le valli di Squaranto e Mezzane. Originariamente in a casamatta
in pietra, protetta da terra fu oggetto di interventi di ammodernamento
con posizionamento di artiglierie corazzate in pozzo. La necessità di
sfruttare gli spazi esistenti determinò una considerevole riduzione dell'interasse
tra le cupole, portato dai canonici 28 m. ai 10 m.
Nella
prima guerra mondiale venne usato come deposito di esplosivi, funzione
che continuò ad assolvere anche nel secondo conflitto mondiale. Abbandonato
dai militari italiani durante l'armistizio, fu oggetto di saccheggio ad
opera di civili provenienti dai paesi di San Rocco e Velo. L'imperizia
nel maneggiare le poveri conservate ne causò lo scoppio.
Stato
attuale: scarse tracce ai lati di un vasto cratere.
FORTE
DI SAN BRICCIO
Costruito
nel 1886 sulle colline di Lavagno nella Lessinia orientale è un'opera
a forma poligonale in muratura e terra.
Stato
attuale: utilizzato come deposito di munizioni sino alla fine degli
anni Settanta è attualmente in corso di alienazione da parte del demanio.
Non è visitabile.
BATTERIA
MONTICELLI
Opera
di origine austriaca, costruita nell'omonima frazione del Comune di Lavagno
in muratura e terra, con batterie in barbetta.
Stato
attuale: non più esistente.
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